L’Italia è tra i Paesi più avanzati in Europa nel riciclo dei materiali e questo aiuta a ridurre la dipendenza dalle importazioni, sempre più costose e soggette a forti oscillazioni di prezzo. Nell’industria il tasso di riciclo supera l’80% e il riutilizzo di materia ha raggiunto il 21,6%, quasi il doppio della media Ue.
A trainare questa leadership è soprattutto il modello degli imballaggi: grazie al sistema Conai, che coinvolge produttori e utilizzatori con un contributo ambientale controllato dal Ministero, l’Italia supera già oggi gli obiettivi fissati da Bruxelles. Una tradizione consolidata nel recupero di acciaio, alluminio, vetro, legno e inerti consente a interi comparti produttivi di basarsi su materie prime seconde, con benefici economici e ambientali.
Non mancano però le ombre. La filiera della plastica è in difficoltà per l’eccesso di offerta globale e la concorrenza asiatica a basso costo: il materiale vergine costa spesso meno del riciclato, che in Italia deve rispettare standard qualitativi elevati senza avere adeguati incentivi all’uso. Anche la raccolta dei rifiuti elettronici resta molto indietro: ne intercettiamo meno del 30%, contro un obiettivo europeo del 65%, e una eventuale tassa sui quantitativi non raccolti rischierebbe di pesare sui contribuenti.
Per Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, il passo successivo è considerare il riciclo un vero settore strategico nazionale. Significa programmare investimenti stabili in ricerca e impianti, rafforzare i sistemi di raccolta dei Raee, valorizzare le plastiche riciclate e far crescere nuove filiere, a partire dal tessile, all’interno di una regia europea di lungo periodo.