L’intelligenza artificiale sta cambiando l’organizzazione di quasi un’azienda su due associate a Confindustria, soprattutto nei servizi e nelle realtà più grandi. Oggi oltre l’11% delle imprese usa o testa soluzioni basate su algoritmi avanzati e un altro 37% sta valutando come introdurle, in particolare per analisi dei dati, marketing, ricerca e sviluppo, automazione e assistenza ai clienti.
La vera sfida però non è solo tecnologica, ma riguarda le persone. Meno della metà delle aziende che adottano l’IA ha già ripensato processi e ruoli per accompagnare il cambiamento, e la mancanza di competenze interne è la criticità più citata, insieme alla difficoltà di integrazione e ai costi. Per questo cresce il ricorso a formazione, consulenze specializzate e assunzioni di nuovi profili tecnici.
Il mismatch tra domanda e offerta di competenze pesa su oltre due terzi delle imprese, con un costo stimato di circa 44 miliardi di euro l’anno in mancato valore aggiunto. Le competenze più difficili da trovare sono quelle tecnico-scientifiche, digitali avanzate e alcune mansioni manuali, soprattutto nell’industria, che reagisce rafforzando i legami con scuole, Its Academy e università.
In questo scenario l’IA diventa anche un motore di trasformazione del modo di lavorare: si diffonde lo smart working, adottato da circa un terzo delle aziende con una quota crescente di dipendenti coinvolti fino a due giorni a settimana. La contrattazione aziendale diventa uno strumento chiave per gestire innovazione, flessibilità, premi di risultato, welfare e formazione, con l’obiettivo di tenere insieme produttività e qualità della vita.